Alla presenza del virus di Epstein-Barr sono associati alcuni tumori di rara incidenza clinica come ad esempio il linfoma diffuso a grandi cellule B (noto anche come DLBCL – diffuse large B cell lymphoma), che tende a colpire con maggiore frequenza i soggetti anziani, ma può presentarsi anche nell’infanzia rappresentando un linfoma di interesse pediatrico. Questa neoplasia linfoide coinvolge tipicamente una singola sede linfonodale oppure extralinfonodale andando incontro ad una rapida espansione della massa tumorale, si tratta di un tumore che viene classificato all’interno dei linfomi non Hodgkin dai quali comunque si differenzia per la frequente assenza di linfoadenopatia generalizzata e di coinvolgimento midollare. Il linfoma diffuso a grandi cellule B si caratterizza per delle manifestazioni sintomatiche di rapida crescita che portano all’insorgenza di segni di espansione tumorale, in genere la sede maggiormente interessata da questa patologia è lo splancnocranio con coinvolgimento dei tessuti linfatici del faringe e che compongono l’anello del Waldeyer, le tonsille e le adenoidi. In alcuni casi si può assistere al coinvolgimento di fegato o milza che causa pesantezza all’addome, dispepsia, dolore, splenomegalia; si possono evidenziare anche sintomi di occlusione intestinale o di compressione di rami arteriosi o venosi; la neoplasia può anche presentarsi come massa cutanea, ossea o localizzarsi a livello del sistema nervoso centrale.
Per diagnosticare il linfoma diffuso a grandi cellule B si procede con l’osservazione microscopica ed attraverso la biopsia, con queste indagini è possibile evidenziare le caratteristiche morfologiche delle cellule neoplastiche di grandi dimensioni caratterizzate da grossi nuclei con cromatina dispersa, con aspetto vescicolato del nucleo; tra le altre variazioni morfologiche si evidenziano cellule di dimensioni diverse, nucleo ovalare, rotondo, multilobulato. Trattandosi di un linfoma molto aggressivo deve essere curato prontamente per ottenere una prognosi dall’esito positivo, tra i protocolli terapeutici più comuni vengono impostate radioterapia e chemioterapia, in genere il protocollo chemioterapico più utilizzato prevede la combinazione di farmaci quali: ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisone; talvolta si associa alla chemioterapia un anticorpo monoclonale, ossia il rituximab.
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